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Fasci Siciliani e Movimento dei Forconi

I Fasci Siciliani, Guttuso.

 

 

di Lighea Salina

 

“Entro la mezzanotte di oggi (venerdì 20) gli autotrasportatori dell’Aias dovranno decidersi a sciogliere i blocchi per consentire il rifornimento di carburante e generi di prima necessità, ormai introvabili in tutta l’isola. In caso contrario interverranno le forze dell’ordine. D’altra parte, ciò non significa che questa “rivoluzione” made in Sicily terminerà all’ improvviso: il coordinamento di Forza D’ Urto ha annunciato di voler continuare a tutti i costi la sua lotta, con modi e tempi ancora tutti da decidere. Ma gli animi sono tutt’altro che distesi e la tensione è ancora alle stelle. “La protesta non si fermerà in alcun modo – precisa il presidente Aias Giuseppe Richichi – siamo pronti ad affrontarne le conseguenze. Fino ad ora abbiamo avuto delle risposte insoddisfacenti, non c’è alternativa allo sciopero ad oltranza”. Non è la prima volta che nella Storia della Sicilia  si verificano “sommosse”  che rivendicano diritti sacrosanti, diritti previsti dallo Statuto Autonomista ma che per insipienza e servaggio politico  di una classe dirigente occupata a salvaguardare le miserabili sicurezze da accattoni ,quando non a sostenere poteri occulti  cui la Sicilia risolta non serve , non vengono esercitati.

L’ultima “rivoluzione” del  1800, quella dei Fasci Siciliani un movimento che chiede  riforme,  fiscali ed un  radicale mutamento  nell’ambito agrario è stata un tentativo di riscatto di una classe sociale che prende coscienza di essere classe produttiva.. I fasci dei lavoratori siciliani sono stati l’ultima battaglia di un secolo  già teatro sia di una primavera dei popoli, sia di sanguinose e aspre repressioni. I fasci dei lavoratori preoccuppano  molto i grandi proprietari terrieri ,che in quella occasione chiedono a Crispi un intervento straordinario per soffocare le iniziative di quanti  protestano per avere “migliori condizioni salariali e nuovi patti colonici In questo contesto ,l’allora, Presidente del Consiglio Francesco Crispi. siciliano, ex garibaldino,patriota e rivoluzionario, ascolta le sole istanze dei possidenti, ed adotta la linea dura con un intervento militare .I Fasci Siciliani del  1891 e il Movimento dei Forconi nel 2012  hanno più di qualcosa in comune  come un ricorso storico , suggeriscono ,piuttosto,una lectio da imparare:la Rivoluzione non può essere un atto di passione  impulsivo ed estemporaneo  deve essere un’azione meditata e non  iniziata a margine di un bisogno ancorché sacrosanto : I Movimenti di lotta  devono esplicarsi per obbligare Roma a perfezionare  lo Statuto , il solo strumento che attuato in ogni parte consentirà il riscatto dei Siciliani liberi, oltre questo c’è solo arbitrio, il cui esito può essere soltanto la repressione soffocata nel sangue e ancora una volta sarà il sangue dei Siciliani ad essere versato nelle strade.

Non mi piace l’aria di sufficienza di Bruno Vespa né quella di un tale con la faccia da Guercio che ieri sera mentre i siciliani del movimento dei Forconi , tentavano di intervenire e spiegare le ragioni del blocco , ridacchiavano con un fare insopportabile..

Mi rendo conto che i Siciliani in questione,  non abituati ai riflettori e ai microfoni ,avessero difficoltà di comunicazione e il portavoce del Movimento poteva risparmirsi l’ironia ecologista , ma si sa che i siciliani sono ironici  e parlano pochissimo, sono riservati e per molti versi sono  poco comunicativi, ma non mi piace che gente serva del potere salga in cattedra e disprezzi i contenuti perché non confezionati in bella forma. Le istanze rivendicate dai Siciliani sono giustissime, non capiamo perché in Val D’Aosta la benzina costi meno che in Sicilia , non comprendiamo perché le politiche europee privilegino il nocciolo turco invece che siciliano, perché limitino le estensioni di coltura del grano e per il nostro fabbisogno dobbiamo comprare il grano canadese. Ho letto su vari quotidiani che il Presidente siciliano di Confindustria sarebbe preoccupato  per eventuali infiltrazioni mafiose :i peggiori nemici dei Siciliani liberi sono i Siciliani servi dei poteri politici centrali, occorrerebbe ricordare a questo signore e ad altri della sua specie che loro sono coloro cui pecunia non olet…a buon intenditor..Siamo stufi  che gente di sangue siciliano remi contro il proprio popolo e contro il proprio epos. E’ la storia di sempre i siciliani che si ribellano sono sempre mafiosi e briganti mentre gli altri sono combattenti e rivoluzianari.

I Fasci Siciliani

Nonostante vengano considerati tra i più consistenti movimenti rivoluzionari del XIX secolo, i “Fasci” sicilianirestano quasi del tutto ignoti alle nuove generazioni. Ed è già un gran risultato se quel gigantesco tentativo dei contadini di occupare le terre incolte, per sfamare le proprie famiglie e rilanciare l’economia complessiva, non venga identificato con la nascita del fascismo . Cento anni fa,  veniva assassinato Lorenzo Panepinto, storico fondatore dei “Fasci” a Santo Stefano Quisquina, ai confini fra le province di Agrigento e di Palermo. La sua città natale, dove egli ha pure tentato l’esperimento di un “socialismo municipale”, lo ha ricordato con una giornata di commemorazioni e di studi, con l’intento di esplorarne la poliedrica personalità. Egli infatti non è stato solo dirigente politico, sindacalista e imprenditore sociale, ma anche insegnante appassionato, pubblicista fecondo, pittore di discreto pennello, poeta sincero, direttore didattico attivo e pedagogista aperto alle correnti europee più progressiste della sua epoca. Nel corso del convegno sono stati presentati anche dei documenti inediti in Italia che uno studioso statunitense ha gentilmente spedito da Tampa (Florida) , la città dove Panepinto è emigrato e ha lavorato per un certo periodo della sua vita.

Ma cosa ha segnato la fine dell’eroico militante, “socialista senza aggettivi”, falciato sull’uscio di casa con due fuciltate? Come nel caso di due colleghi e amici, il corleonese Bernardino Verro e il prizzese Nicola Alongi, la sua capacità di organizzare cooperative di braccianti per gestire in gabella ex-feudi a cui erano, contemporaneamente, interessati anche personaggi o mafiosi o vicini ad ambienti mafiosi. Uno di questi, il giovane campiere Anzalone, verrà indicato come l’assassino, ma il delitto resterà impunito: una testimone verrà sequestrata e eliminata; un capitano dei carabinieri si appellerà a “ragioni d’ufficio” per non testimoniare; un commissario Montalbano si appellerà – per il medesimo scopo – a “motivi di famiglia”. Forse non è stata del tutto ininfluente, sul destino dell’imputato, la condizione di “figlioccio” del ministro Camillo Finocchiaro Aprile.

In assenza di verità giudiziaria, ci si deve accontentare della verità storica: secondo lo stesso Bernardino Verro, i mandanti vanno individuati nella “sollevazione della mafia gabellota e clericale contro gli organizzatori delle affittanze collettive”. Ed è un fatto di per sé eloquente che Panepinto non potè intervenire al congresso su “Delinquenza e analfabetismo” (programmato per qualche giorno dopo il suo omicidio ad Agrigento) e che il ministro di Grazia e giustizia Finocchiaro Aprile, nell’inaugurare il congresso, non abbia degnato di un accenno, il recentissimo delitto di un importante dirigente politico siciliano che aveva dedicato e la vita proprio alla lotta contro delinquenza e analfabetismo.

Sul suo periodico La Plebe, Panepinto denunciava i “malfattori in guanti gialli”, ministri o deputati “protettori protetti” delle “cosche”, le quali “coltivano la maffia, poiché si servono preferibilmente di essa per raggiungere scopi vergognosi, e per sopprimere qualche persona che riesce loro d’impaccio”: formule che, al di là dell’impatto emotivo immediato, restano di una lucidità analitica purtroppo attualissima. Come sciaguratamente attuale rimane il monito dell’onorevole Alessandro Tasca di Cutò, davanti alla bara del martire avvolta in una bandiera rossa, rivolto ai funzionari governativi: “È tempo di decidersi: o con la maffia padronale o con l’evoluzione economica e civile dei lavoratori siciliani”.

Augusto Cavadi

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