Riunificare la lotta…

COMUNICATO-STAMPA: “Riunificare le lotta del movimento dei forconi, degli autotrasportatori, con quelle dei lavoratori del settore ferroviario per una nuova stagione autonomista”I socialisti messinesi propongono di riunificare le lotte del movimento dei forconi, degli autotrasportatori, con quelle dei lavoratori del settore ferroviario per una nuova stagione autonomista: l’on. Maurizio Ballistreri, commissario del Psi provinciale ha detto “le lotte del movimento dei forconi, contro una globalizzazione che sta uccidendo l’agricoltura in Sicilia e quelle degli autotrasportatori contro i rincari dei carburanti, devono saldarsi con le vertenze dei lavoratori del settore ferroviario, come Servirail e Ferrotel, che rischiano di perdere il posto di lavoro a causa della perdurante politica di penalizzazione nei confronti della nostra Regione e, in particolare, di Messina, da parte delle Ferrovie dello Stato. Per questo c’è bisogno di una più generale mobilitazione sociale in Sicilia, che trasformi la protesta in conflitto democratico, per un cambiamento radicale delle politiche economiche del governo nazionale nei confronti della Sicilia e del Sud”.

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Fasci Siciliani e Movimento dei Forconi

I Fasci Siciliani, Guttuso.

 

 

di Lighea Salina

 

“Entro la mezzanotte di oggi (venerdì 20) gli autotrasportatori dell’Aias dovranno decidersi a sciogliere i blocchi per consentire il rifornimento di carburante e generi di prima necessità, ormai introvabili in tutta l’isola. In caso contrario interverranno le forze dell’ordine. D’altra parte, ciò non significa che questa “rivoluzione” made in Sicily terminerà all’ improvviso: il coordinamento di Forza D’ Urto ha annunciato di voler continuare a tutti i costi la sua lotta, con modi e tempi ancora tutti da decidere. Ma gli animi sono tutt’altro che distesi e la tensione è ancora alle stelle. “La protesta non si fermerà in alcun modo – precisa il presidente Aias Giuseppe Richichi – siamo pronti ad affrontarne le conseguenze. Fino ad ora abbiamo avuto delle risposte insoddisfacenti, non c’è alternativa allo sciopero ad oltranza”. Non è la prima volta che nella Storia della Sicilia  si verificano “sommosse”  che rivendicano diritti sacrosanti, diritti previsti dallo Statuto Autonomista ma che per insipienza e servaggio politico  di una classe dirigente occupata a salvaguardare le miserabili sicurezze da accattoni ,quando non a sostenere poteri occulti  cui la Sicilia risolta non serve , non vengono esercitati.

L’ultima “rivoluzione” del  1800, quella dei Fasci Siciliani un movimento che chiede  riforme,  fiscali ed un  radicale mutamento  nell’ambito agrario è stata un tentativo di riscatto di una classe sociale che prende coscienza di essere classe produttiva.. I fasci dei lavoratori siciliani sono stati l’ultima battaglia di un secolo  già teatro sia di una primavera dei popoli, sia di sanguinose e aspre repressioni. I fasci dei lavoratori preoccuppano  molto i grandi proprietari terrieri ,che in quella occasione chiedono a Crispi un intervento straordinario per soffocare le iniziative di quanti  protestano per avere “migliori condizioni salariali e nuovi patti colonici In questo contesto ,l’allora, Presidente del Consiglio Francesco Crispi. siciliano, ex garibaldino,patriota e rivoluzionario, ascolta le sole istanze dei possidenti, ed adotta la linea dura con un intervento militare .I Fasci Siciliani del  1891 e il Movimento dei Forconi nel 2012  hanno più di qualcosa in comune  come un ricorso storico , suggeriscono ,piuttosto,una lectio da imparare:la Rivoluzione non può essere un atto di passione  impulsivo ed estemporaneo  deve essere un’azione meditata e non  iniziata a margine di un bisogno ancorché sacrosanto : I Movimenti di lotta  devono esplicarsi per obbligare Roma a perfezionare  lo Statuto , il solo strumento che attuato in ogni parte consentirà il riscatto dei Siciliani liberi, oltre questo c’è solo arbitrio, il cui esito può essere soltanto la repressione soffocata nel sangue e ancora una volta sarà il sangue dei Siciliani ad essere versato nelle strade.

Non mi piace l’aria di sufficienza di Bruno Vespa né quella di un tale con la faccia da Guercio che ieri sera mentre i siciliani del movimento dei Forconi , tentavano di intervenire e spiegare le ragioni del blocco , ridacchiavano con un fare insopportabile..

Mi rendo conto che i Siciliani in questione,  non abituati ai riflettori e ai microfoni ,avessero difficoltà di comunicazione e il portavoce del Movimento poteva risparmirsi l’ironia ecologista , ma si sa che i siciliani sono ironici  e parlano pochissimo, sono riservati e per molti versi sono  poco comunicativi, ma non mi piace che gente serva del potere salga in cattedra e disprezzi i contenuti perché non confezionati in bella forma. Le istanze rivendicate dai Siciliani sono giustissime, non capiamo perché in Val D’Aosta la benzina costi meno che in Sicilia , non comprendiamo perché le politiche europee privilegino il nocciolo turco invece che siciliano, perché limitino le estensioni di coltura del grano e per il nostro fabbisogno dobbiamo comprare il grano canadese. Ho letto su vari quotidiani che il Presidente siciliano di Confindustria sarebbe preoccupato  per eventuali infiltrazioni mafiose :i peggiori nemici dei Siciliani liberi sono i Siciliani servi dei poteri politici centrali, occorrerebbe ricordare a questo signore e ad altri della sua specie che loro sono coloro cui pecunia non olet…a buon intenditor..Siamo stufi  che gente di sangue siciliano remi contro il proprio popolo e contro il proprio epos. E’ la storia di sempre i siciliani che si ribellano sono sempre mafiosi e briganti mentre gli altri sono combattenti e rivoluzianari.

I Fasci Siciliani

Nonostante vengano considerati tra i più consistenti movimenti rivoluzionari del XIX secolo, i “Fasci” sicilianirestano quasi del tutto ignoti alle nuove generazioni. Ed è già un gran risultato se quel gigantesco tentativo dei contadini di occupare le terre incolte, per sfamare le proprie famiglie e rilanciare l’economia complessiva, non venga identificato con la nascita del fascismo . Cento anni fa,  veniva assassinato Lorenzo Panepinto, storico fondatore dei “Fasci” a Santo Stefano Quisquina, ai confini fra le province di Agrigento e di Palermo. La sua città natale, dove egli ha pure tentato l’esperimento di un “socialismo municipale”, lo ha ricordato con una giornata di commemorazioni e di studi, con l’intento di esplorarne la poliedrica personalità. Egli infatti non è stato solo dirigente politico, sindacalista e imprenditore sociale, ma anche insegnante appassionato, pubblicista fecondo, pittore di discreto pennello, poeta sincero, direttore didattico attivo e pedagogista aperto alle correnti europee più progressiste della sua epoca. Nel corso del convegno sono stati presentati anche dei documenti inediti in Italia che uno studioso statunitense ha gentilmente spedito da Tampa (Florida) , la città dove Panepinto è emigrato e ha lavorato per un certo periodo della sua vita.

Ma cosa ha segnato la fine dell’eroico militante, “socialista senza aggettivi”, falciato sull’uscio di casa con due fuciltate? Come nel caso di due colleghi e amici, il corleonese Bernardino Verro e il prizzese Nicola Alongi, la sua capacità di organizzare cooperative di braccianti per gestire in gabella ex-feudi a cui erano, contemporaneamente, interessati anche personaggi o mafiosi o vicini ad ambienti mafiosi. Uno di questi, il giovane campiere Anzalone, verrà indicato come l’assassino, ma il delitto resterà impunito: una testimone verrà sequestrata e eliminata; un capitano dei carabinieri si appellerà a “ragioni d’ufficio” per non testimoniare; un commissario Montalbano si appellerà – per il medesimo scopo – a “motivi di famiglia”. Forse non è stata del tutto ininfluente, sul destino dell’imputato, la condizione di “figlioccio” del ministro Camillo Finocchiaro Aprile.

In assenza di verità giudiziaria, ci si deve accontentare della verità storica: secondo lo stesso Bernardino Verro, i mandanti vanno individuati nella “sollevazione della mafia gabellota e clericale contro gli organizzatori delle affittanze collettive”. Ed è un fatto di per sé eloquente che Panepinto non potè intervenire al congresso su “Delinquenza e analfabetismo” (programmato per qualche giorno dopo il suo omicidio ad Agrigento) e che il ministro di Grazia e giustizia Finocchiaro Aprile, nell’inaugurare il congresso, non abbia degnato di un accenno, il recentissimo delitto di un importante dirigente politico siciliano che aveva dedicato e la vita proprio alla lotta contro delinquenza e analfabetismo.

Sul suo periodico La Plebe, Panepinto denunciava i “malfattori in guanti gialli”, ministri o deputati “protettori protetti” delle “cosche”, le quali “coltivano la maffia, poiché si servono preferibilmente di essa per raggiungere scopi vergognosi, e per sopprimere qualche persona che riesce loro d’impaccio”: formule che, al di là dell’impatto emotivo immediato, restano di una lucidità analitica purtroppo attualissima. Come sciaguratamente attuale rimane il monito dell’onorevole Alessandro Tasca di Cutò, davanti alla bara del martire avvolta in una bandiera rossa, rivolto ai funzionari governativi: “È tempo di decidersi: o con la maffia padronale o con l’evoluzione economica e civile dei lavoratori siciliani”.

Augusto Cavadi

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La lotta del movimento dei forconi, degli autotrasportatori, dei tassisti, dei lavoratori del settore ferroviario esempio di impegno autonomista”

 Sulle lotte in corso in Sicilia di alcune categorie del mondo del lavoro interviene il Psi di Messina. Secondo l’on. Maurizio Ballistreri, commissario del Psi provinciale “le lotte del movimento dei forconi, contro una globalizzazion…e che sta uccidendo l’agricoltura in Sicilia, quelle degli autotrasportatori e dei tassisti contro i rincari dei carburanti, devono saldarsi con le vertenze dei lavoratori del settore ferroviario, come Servirail e Ferrotel, che rischiano di perdere il posto di lavoro a causa della perdurante politica di penalizzazione nei confronti della nostra Regione e, in particolare, di Messina, da parte delle Ferrovie dello Stato. Per questo c’è bisogno di una più generale mobilitazione sociale in Sicilia, anche con forme di lotta aspre, al di là dei semplici appelli, che richiami l’attenzione del governo nazionale. In questo modo – conclude Ballistreri – si potrà creare un vasto movimento di lotta per i diritti sociali calpestati nella nostra Regione, che costituisca anche un esempio di reale impegno per l’autonomismo siciliano, a fronte delle alchimie di un ceto politico asserragliato nelle stanze del potere e sordo ai richiami del popolo della nostra Isola”.

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Dedicato a Beatrice Cenci

Voglio dedicare la giornata contro la violenza sulle   donne a Beatrice Cenci che considero  uno dei simboli  della violenza consumata nel recinto sacro della famiglia. Quella che molti ,in perfetta ipocrisia, difendono a gran voce, quella dove il tradimento alligna più lacerante, perché il nemico è lì ,tra le mura della casa, giardino di delizie e sicurezze, radica di lignaggio e buoni sentimenti.Dedico il giorno di ieri  a tutte le donne abusate, vilipese, umiliate e dimenticate ,anche di quelle di cui non conosco il nome e nemmeno la storia ma che ,da qualche parte in questo pianeta patiscono il dramma dello spezzarsi, sincrono all’impossibilità di un’altra scelta : il vessatore è tra le mura, nel recinto del  sacro. La vessazione, non è subito immediatamente riconoscibile,possono passare anni prima che un seme di coscienza si faccia strada nella mente di una donna  è per questa ragione che  non produce , subito,moti di ribellione ma di annientamento:si è anestetizzate e  vengono a mancare la sicurezza, il brio, lo spirito e l’energia per svincolarsi,consentendo la peggiore delle violenze,la prigionia inconsapevole. Beatrice Cenci è  il contrario di tale rassegnazione vi è in lei il senso di rivolta alla sopraffazione e quando si rende conto che   non può trovare via razionale per sfuggire all’aguzzino concepisce un  atto estremo di negazione della vita altrui e pertanto della propria . La violenza domestica, anche quella fatta di atti non cruenti ma che mina l’autostima delle donne è fatta di gesti apparentemente insignificanti ma a cui una donna deve prestare molta attenzione. La violenza ha spesso le forme di autentico annientamento .si comincia isolando la donna dalle amiche, poi proibendo l’uso del telefono, poi si passa alle minacce e così via in un’escalation che non ha fine. Le volontà si indeboliscono, le energie si disperdono nelle implosioni interiori,nel silenzio della rabbia che non si esprime e che si trasforma in depressione e dunque in incapacità di reagire.Ho dedicato la giornata di ieri  a Beatrice Cenci, ad Antigone, Artemisia Gentileschi,a Hina, a Lucia, a Milena, Aisha, Yasmina, Ruth, Ghila, Rosa, Anna, e mille altre e a tutte coloro che con uno scatto di orgoglio e dignità si sono riprese la vita quando è stato possibile. Un pensiero e forza speciale ci provenga dalle donne che in nome di questa dignità sono morte perché nel reagire hanno pensato che è meglio morire lottando che agonizzando per dilettare il nemico. Meglio morire lottando che farsi avvelenare come inconsapevoli vittime.

Beatrice Cenci, Guido Reni

Beatrice Cenci (Roma, 12 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) fu una giovane nobildonna romana giustiziata per parricidio e poi assurta al ruolo di eroina popolare

La Storia di Beatrice Cenci
Beatrice Cenci nasce a Roma il  il 12 febbraio 1577 da Francesco e Ersilia Santacroce. Francesco era uno degli “uomini più ricchi d’Urbe avendo ereditato dal padre un enorme patrimonio, accumulato ricorrendo a mezzi illeciti, dall’usura alle malversazioni, soprattutto nel periodo in cui aveva ricoperto la carica di Tesoriere Generale della Camera Apostolica”. Beatrice Cenci trascorre l’infanzia in famiglia, dove dominava il carattere violento e volgare del padre, uomo tirannico, avaro e manesco, suscitando contro di sé l’odio dei figli, fino al parricidio. Nel giugno del 1584, poco dopo la morte della madre, il padre la mise come educanda nel Monastero della Santa Croce a Montecitorio, insieme alla sorella maggiore Antonina. Vi restano 0tto anni: quando tornò a casa, infatti, trova la famiglia in crisi. I tre figli più grandi Giacomo, Cristoforo e Rocco, erano in rapporti difficili con il padre, soprattutto per motivi d’interesse: egli “negava loro il denaro necessario per mantenersi, ed essi facevano debiti e lo derubavano”;. Il contrasto, tra padre e figli si acuì nel 1594, quando il padre ebbe la sua più brutta avventura giudiziaria, un processo con la grave e infamante accusa di sodomia. Stette in carcere solo tre mesi, ma per ottenere l’estinzione del procedimento dovette pagare l’enorme somma di 100.000 scudi. Dal canto suo il padre accusò i tre figli di volerlo uccidere: dall’inchiesta emersero soprattutto le responsabilità di Giacomo, ma questi riuscì a trovare testimoni a suo favore, e fu prosciolto. Il padre lo accusò ancora di aver subornato i testimoni contro di lui durante il processo per sodomia, ma anche questa querela finì nel nulla. Questi ripetuti smacchi, il vedersi sfuggire il controllo della sua famiglia il costante dimore di essere ucciso diedero un duro colpo al morale di Francesco Cenci, che cominciò a pensare di lasciare definitivamente Roma. Intanto, dopo la scarcerazione, allontanò da sé i due figli più piccoli, Bernardo e Paolo, gli unici maschi rimasti in casa, mettendoli a “dozzina” presso un prete. Un’altra sua preoccupazione era che Beatrice, come Antonina, si sposasse, perché la dote avrebbe ulteriormente salassato il suo già dissestato patrimonio. Per impedire queste nell’aprile del 1595 rinchiuse Beatrice e la seconda moglie Lucrezia Petroni, nella rocca di Petrella Salto. un piccolo paese tra Rieti e Avezzano, a due giorni di viaggio da Roma, nel territorio del Regno di Napoli.
Dopo aver subito negli ultimi tre anni le vicende familiari, Beatrice si trovò così sacrificata all’egoismo del padre, isolata in un ambiente estraneo, in compagnia della matrigna, una donna debole e scialba, e di qualche servitore. La loro vita, già assai monotona e triste, divenne più dura l’anno seguente, quando il padre, temendo che potessero fuggire, tornò alla rocca e le segregò in un appartamento del quale fece sprangare porte e finestre, trasformandolo in una vera e propria prigione: il cibo era passato alle due donne tramite uno sportellino. Dopo qualche tempo esse riuscirono a eludere la sorveglianza del guardiano, ma la loro sorte non migliorò che di poco. Esasperate, presero a spedire lettere ai parenti a Roma supplicando il loro aiuto: una lettera di Beatrice a Giacomo, nella quale lo scongiurava di trovarle marito o almeno di metterla in un monastero, cadde nelle mani del padre, nel dicembre del 1597. Tornato subito alla rocca, egli picchiò selvaggiamente la figlia, e decise di stabilirvisi, per tenere meglio sotto controllo le due donne. Richiamò a sé anche Bernardo e Paolo, ma dopo qualche tempo essi riuscirono a fuggire a Roma.Beatrice non aveva certo un carattere passivo, e non poteva sopportare senza reagire quella situazione. Era spaventata e disgustata dalla brutalità e dal disprezzo con cui il padre la trattava, obbligandola anche ad accudire alle sue pulizie personali, ossessionata dalla sua continua presenza nello spazio chiuso dalle mura della rocca. E a quel punto si rendeva conto di essere in sua completa balìa, e di non poter più sperare in alcun aiuto dall’esterno. La decisione di ucciderlo fu così non solo l’espressione del suo odio ma anche l’unica via per riacquistare la libertà.

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L’informazione inesistente

L'On Salvatore Natoli Sciacca nella sua casa di Gioiosa Marea.

Due chiacchiere con l\’On Salvatore, Natoli Sciacca

“Il degrado politico e culturale a cui è arrivato questo paese è inimmaginabile. Vengono date notizie tronche e mal date .Mi sento sempre meno italiano e più siciliano.Nessuna tv ,nessun giornale ha scritto due righe per informare davvero l’opinione pubblica italiana che, questo governo Monti se non ha il disco verde di Berlusconi, non potrà essere fatto”.

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La Tortura e la Santa Inquisizione

 

Il Sindaco di Messina Dott. Giuseppe Buzzanca,Maria Rosaria De Stefano Natoli,On Ninì Germana.

 

 

 

 

di Maria Rosaria De Stefano Natoli

A Messina un’’esposizione permanente,  in via Vittorio Emanuele, ospita  strumenti di coercizione  corredati da documenti, pergamene  e Bolle Papali .La tortura, sembra, per la sua presenza continua nella storia un metodo infallibile di coercizione  qualità che ne giustificano la longevità:proprio qualche mese  fa  sono state pubblicate  sul New York Times fotografie di torture inferte da Gheddafi ai ribelli della Cirenaica catturati ma  non ci sono foto delle torture, seppur vere, cui vengono sottoposti i detenuti di Guantanamo,dalla violenza sessuale ai più sofisticati procedimenti di sevizie tecnologiche,per non parlare degli stupri di massa eseguiti dai soldati nei territori di guerra, veri e propri strumenti di vessazione  atti per umiliare, dominare e  instillare paura.Non è facile dare una definizione precisa di tortura,si rischia una definizione poco esatta.  E’ possibile però affermare che si tratta di un metodo di coercizione fisica o psicologica inflitta all’inquisito, per estorcergli informazioni ai fini dell’istruzione di un processo o per ottenere una confessione. E’ necessario dire anche che la tortura è stata utilizzata per infliggere punizioni corporali e in questo caso essa è estranea al diritto processuale per confluire nella politica degli arcana imperii di machiavellico memento. Il diritto e la politica vivono in simbiosi e in maniera particolare nell’epoca cui gli strumenti del significativo  Museo Messinese  appartengono:il Medioevo.Lo sviluppo della tortura avviene proprio nel Basso Medioevo, in prossimità della fine della cosiddetta “epoca oscurantista” e deve essere ricondotto all’introduzione del processo inquisitorio:nel Medioevo il processo penale ordinario era incentrato sul processo orale e formalistico,affiancato a quello “straordinario” che a differenza del primo, era caratterizzato dalla segretezza e dal modello “inquisitorio”. Questa doppia procedura era giustificata dall’esigenza di garantire, in talune occasioni, velocità e certezza della pena.  Il  modello straordinario però  nel tempo,  prevale  fino a divenire  regola.Le conseguenze di tale regola sono state che la parità tra accusa e difesa è venuta  a mancare e l’intreccio tra le due parti  diviene evidente.E la politica? La politica anche qui gioca un ruolo determinante. Il processo accusatorio derivante dal processo romano-barbarico non era un processo incentrato  sulla  valenza politica della pena. Il processo inquisitorio sì,anzi, la pena diventa molto spesso lo strumento politico del potere per garantire l’ordine pubblico,dove l’ordine pubblico sta per la dimostrazione dell’esemplarità della pena.Se sul piano politico “la sentenza diviene il braccio secolare, la longa manus, del sovrano, sul piano religioso la sentenza e la condanna divengono il miglior viatico per la dimostrazione della erroneità di quanto sostenuto dall’imputato”.Il metodo inquisitorio che ha per simbolo la tortura si rivela adattissimo come strumento politico per le lotte dello Stato e della Chiesa per il controllo dell’eventuale dissenso, pertanto  l’uso politico del processo e della Giustizia era un problema  allora, come adesso. Ciò che va rilevato è che tutto ciò avveniva quando l’intreccio tra i due poteri era così forte da far identificare il peccato con il delitto e l’espiazione con la pena.Tutto ciò ha comportato, non solo sul piano processuale ma più ampiamente sul piano giuridico, la grave malattia di un sistema che ha mischiato il piano ecclesiastico-temporale con quello politico-giuridico . Nell’epoca della Controriforma era questa  la situazione che c’era in Italia, dove l’influenza della Chiesa era maggiore, e in gran parte dell’Europa occidentale. E’ questo che ha consentito lo sviluppo dell’Inquisizione  con la compiacenza del potere politico, divenendo“supremo tribunale”. La tortura è stata ufficialmente introdotta da papa Innocenzo IV nella bolla ad extirpandadel 1252. L’inquisizione Spagnola in Sicilia è uno dei casi in cui Politica e Chiesa stringono un patto ferreo .La Chiesa inquisisce e la politica esegue la condanna perchè  Ecclesia abhorret a sanguine.Il primo sentore di Inquisizione politico-ecclesiastica in Sicilia  lo si ha con Federico II che, con l’”Inconsutilem tunicam” nel 1224 emanata a Palermo, dispone che tutti gli eretici e gli Ebrei debbano pagare una tassa a sostegno degli inquisitori di fede preposti al loro controllo ma, è con Ferdinando II il Cattolico nel 1487 che viene istituito il Tribunale dell’Inquisizione.,prima gestito dai domenicani e, nel 1513 affidato ai religiosi Regolari che prendono possesso del  Palazzo panormita di Manfredi Chiaramonte , l’Hosterium , (palazzo fortificato).L’Inquisizione Spagnola, in Sicilia  è una delle pagine di Storia Siciliana più oscure e sanguinose ,i graffiti  trovati nei sotterranei nel 2005 ,oltre quelli trovati dal Pitré  nel1906, adispetto di ogni revisionismo che tende a minimizzare la reale portata del terrorismo inquisitorio, consentono di sapere che dal 1601 al 1782 – gli uomini inviati in Sicilia da Torquemada hanno interrogato e torturato innocenti in nome di Dio accusandoli di eresia, di bestemmia e di magia.: Con un decreto Regio del  6 Marzo 1782  Ferdinando III di Sicilia  ordinava l’abolizione dell’Inquisizione in Sicilia. Ritengo non sia estraneo a questa decisione, il Vicerè,il Marchese Domenico Caracciolo personaggio illuminato ed illuminista le cui frequentazioni parigine hanno permesso un’apertura mentale sfociata in una decisione politica molto importante perla Sicilia:limitare l’ingerenza ecclesiastica nelle faccende dello Stato e della politica.,ovvero interrompere l’intreccio e la commistione tra politica e fede. Non disgiunto  a questa decisione appare anche il Marchese della Sambuca primo Ministro di Caracciolo che ha ratificato con la propria firma le disposizioni del Viceré.

La procedura di tortura è nota:Il prigioniero veniva prelevato dalla sua abitazione e tenuto in carcere per molti mesi prima di sapere di cosa fosse accusato e di essere interrogato. Una volta portato al cospetto dell’interrogante era minacciato di gravi sofferenze: bisogna evidenziare come, molto spesso, le sole minacce bastassero per estorcere dall’imputato le informazioni necessarie, anche quelle non vere.Se non si otteneva l’effetto sperato, l’imputato era accompagnato nella camera di tortura, un appartamento sotterraneo senza finestre, gli erano  mostrati gli strumenti per incutergli terrore. Se, ancora, non bastava il torturatore, vestito con una camicia nera coperta da un cappuccio, denudava l’imputato e gli legava le mani. A questo punto, se non si riusciva ad estorcere alcuna informazione, iniziava il supplizio fisico .La prima tecnica di tortura di massa è stata messa in opera nei confronti degli Albigiesi ed è stato proprio in ambito canonico che tale orrenda pratica si è affermata  più che in ogni altro ordine inquirente. Nel processo a Galileo, non vi sono documenti di torture fisiche ma sono conclamate quelle psicologiche di cui lo scienziato è stato oggetto. Al contrario nei processi a Tommaso Campanella e Giordano Bruno sono stati impiegati metodi di coercizione fisica. Campanella per sfuggire alle torture si è finto pazzo, Giordano Bruno dopo sette anni di sevizie è salito sul rogo, quale irriducibile, con la mordacchia, strumento che impediva di proferir parola. Con l’Illuminismo inizia il declino dell’uso della tortura. Va detto ,però che di fatto l’uso di essa non è mai finito , ancora oggi, molti stati democratici e non, ricorrono a tecniche di tortura aberranti. La carcerazione preventiva, la criminalizzazione degli strumenti di garanzia,le condizioni disumane di detenzione,la violenza gratuita cui sono sottoposti i detenuti  nelle carceri italiane ,indiane, coreane, cinesi, pakistane,americane sono feroci strumenti di vessazione fisica e morale. L’ordinamento carcerario in Italia, sarebbe ,sulla carta, il più avanzato di tutti gli altri stati europei,perché avrebbe un compito riabilitativo, nella realtà le carceri italiane sono luoghi dove si consumano ignobili accanimenti sui detenuti. “Le carceri italiane.. rappresentano” l’esplicazione della vendetta sociale nella forma più atroce che si sia mai avuta; noi crediamo di avere abolito la pena di morte dal codice penale comune , e la pena di morte che ammaniscono  goccia a goccia le nostre galere e meno pietosa di quella che era data per mano del carnefice; noi ci gonfiamo le gote a parlare  di emenda dei colpevoli, e le nostre carceri sono fabbriche di delinquenti e di perfezionamento dei malfattori”-ha detto Filippo Turati alla Camera dei deputati il 18 Marzo1904 inun discorso pubblicato poi, sotto il titolo “Il cimitero dei vivi”.Dal1904 aoggi nulla è mutato- scrive l’On Sen. Salvo Fleres nel libro a sua cura  edizioni Metropolis-“Discorsi, Massime e proposte sulla giustizia, sul carcere e contro la tortura”, testo che andrebbe studiato nelle scuole, per la lo spaccato storico politico che offre su un pezzo di Storia d’Italia. Tutto questo è attualissimo nulla è mutato dal1904 aoggi e nel silenzio e indifferenza generale la tortura detentiva continua violando sistematicamentela Dichiarazioneuniversale dei diritti umani  e dei Diritti dell’Uomo. Si  tende ad ignorare  ogni  fatto e non si tiene conto che le ferite riportate dalle torture non si cancellano, restano, continuano a riaprirsi in un silenzio dovuto, spesso, alla vergogna per aver subìto violenze psicologicamente devastanti. Un fardello di cui non ci si potrà mai liberare del tutto.

 

Questo articolo è stato pubblicato su Quaderni dell’Autonomia,Rivista quadrimestrale editata  dalla Presidenza della Regione Siciliana e registrata dal Ministero dell’Università e della Ricerca.Presidente del Comitato Scientifico Prof. Avv. On. Maurizio Ballistreri.Rivista registrata dal Ministero dell'Università e della Ricerca.

 

 

 

 

 

 

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Mano destra di Gesù e la sinistra di Belzebù

Un articolo di Camilla Baresani, scritto domenica sull’edizione bresciana del Corriere http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/11_ottobre_31/baresani-caso-1902008035666.shtml     dove pennella un brutto ricordo della sua esperienza scolastica alle Orsoline, mi ha dato l’estro per raccontare la mia esperienza personale avuta  con le suore.Scrive la Berensani:“A Brescia le Orsoline costringevano ancora gli scolari a scrivere con la mano destra anche se mancini. Anche io, nel mio piccolo, feci la mia rivoluzione: non sopportavo quel sopruso, e i miei genitori finirono per ritirarmi dalla scuola, iscrivendomi in una prima elementare Montessori, dove essere mancini non era ritenuta una manomissione del diavolo”.

Non ci sono dubbi che  le suore,oggi, si siano adattate al nuovo corso delle cose e al mutamento dei tempi, ma concordo con la Berensani più o meno mia coetanea circa gli aberranti sistemi educativi delle“teste di pezza”.Anche io sono stata  a scuola dalle suore e ho avuto la medesima esperienza, ero mancina e mi hanno costretta a scrivere con la destra  il che ha creato un disagio notevole  tanto da non voler più frequentare. E’ ancora vivo il ricordo della mano “destra  di Gesù e la sinistra di Belzebù.” Le cose sono peggiorate alle scuole superiori, quando mia madre comunista e laica  ha deciso di mandarmi interna in  Collegio nella barocca  e solenne Acireale . Quando la porta del Santonoceto si è chiusa alle mie spalle, mi sembrava di essere entrata in una prigione dei Viceré. Era il 1970, ed era  proibito ascoltare la radio, mettersi i pantaloni, mettersi le scarpe col tacco , truccarsi, leggere Henry Miller ,Nabokov  ascoltare De André , Leo Ferré, e parlare di educazione sessuale. Era obbligo stare, anche dentro la casa professa, con un’ orribile divisa, una gonna di terital grigia e lunga fino al polpaccio e maglione blu  e per uscire in fila per due la domenica pomeriggio  era obbligatoria una gonna a campana carta da zucchero  con  la solita maglia blu  e orrendo cappotto avana lungo,  di quelli che uccidono qualsiasi gamba e il cui modello nascondeva ogni forma. La corrispondenza veniva aperta, si dormiva in camerata e la mattina dovevamo lavarci con l’acqua fredda . Alle sei del mattino, messa obbligatoria  e comunione  almeno una volta al mese ed era diktat celebrare i primi venerdì e sabati del mese con relativi canti e messe che non finivano mai. Una tortura. In compenso questo regime ha sviluppato tutta la forza di ribellione di cui ero capace(mi chiedo se per caso mia madre non volesse proprio questo) In capo a tre mesi, con altre due amiche abbiamo messo in cantiere un piano di sopravvivenza degno della fuga da Alcatraz. Abbiamo comprato radioline con auricolare da ascoltare la notte e che tenevamo sempre indosso per evitare che le scoprissero nel corso dei bliz, nei nostri cassetti, delle suore guardiane . Mi sono inventata lo studio di gruppo per potere , due volte alla settimana nelle ore di silenzio avere scambi con le compagne di camerata e non studiavamo affatto ma giocavamo  a tresette e bevevamo Amaro Averna, che nemmeno ci piaceva ma era il gusto di trasgredire  . Ho poi messo a punto un piano per potere uscire la domenica mattina:  volontaria catechesi ai bambini  dei befetrofi , il che  consentiva a me e  qualche altra compagna di poter  respirare lontana dalle mura della Casa .Ascoltavo il giornale radio e sentivo parlare del Quartiere Latino, dei disordini universitari, della Rivoluzione Globale dei giovani, della guerra di Corea e di quella del Vietnam  e  pensavo che di tutto quel che accadeva  nel mondo, la maggior parte delle mie compagne non sapeva nulla : sognava  il matrimonio, fantasticava sulla prima notte  e teneva diari con i cuori con le frecce, io invece ,che leggevo ,Erika Jung , Silvia Plath e  Pasolini,niziavo a  sentirmi estranea , diversa, non  avevo   gli stessi desideri delle mie compagne, mi scoprivo più simile a mia madre: rivoluzionaria,impegnata, pensante e pensavo alla verginità come un fardello . E un bel giorno ho messo in atto il mio Mein Kampf , mi sono fatta trovare a fumare, a leggere il Manifesto, ho messo a bella vista il Tropico del Capricorno di Miller e Lolita di Nabokov e  così hanno convocato mia madre per metterla al corrente che : “ero la portabandiera della rivoluzione e che ero pericolosa per le altre”.Dopo varie filippiche e  martingale moraliste  all’indirizzo della “sionista castrante”(mia madre)e un’apertura di porfolio in beneficenza ,il prezzo per finire l’anno ,mi hanno tenuta lì guardata a vista  giusto il tempo per finire l’anno scolastico.

Raccontata così la vicenda sembra divertente. Non è stato divertente, mi è servita tutta la determinazione e la capacità di reazione che mi è propria, per resistere alle bacchettonerie che hanno tentato di insegnarmi. E’ stata dura fronteggiare i tentativi di estorsione del pensiero e  l’ottusa volontà di criminalizzare  la mia vivacità intellettuale e definirla opera del demonio.

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Roma 1870

« La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la città eterna, sulla quale 25secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico » (Camillo Benso, conte di Cavour, discorso al Parlamento italiano 11 ottobre 1860)

Il 1870 porta i bersaglieri a Roma.

 Il 20 settembre 1870 un corpo di bersaglieri al comando del generale Raffaele Cadorna lo stesso massacratore dei siciliani entrava a Roma attraverso una breccia aperta nelle mura della città all’altezza di Porta Pia. Nonostante l’importanza storica, si riuniva all’Italia ed era la fine del Papa re e dello Stato Pontificio la resistenza opposta dall’esercito pontificio è stata debole  c’erano ad aspettare Cadorna complessivamente 15.000 uomini, tra cui dragoni pontifici, guardie svizzere, volontari provenienti per lo più da Francia, Austria, Baviera, Paesi Bassi, Irlanda, Spagna, ma soprattutto Zuavi, al comando dal generale Kanzler.Sulle ragioni per cui papa Pio IX non esercitò un’estrema resistenza,su questa non belligeranza  sono state fatte varie ipotesi: la più accreditata si dice sia  quella  della rassegnata volontà del Vaticano di mettere da parte ogni ipotesi di una violenta risposta militare all’offesa. È infatti noto che l’allora segretario di stato, il cardinale Giacomo Antonelli,(1) abbia dato ordine al generale Kanzler(2) di ritirare le truppe entro le mura e di limitarsi ad un puro atto di resistenza simbolico per evitare inutili e disumani spargimenti di sangue”.

 Con un successivo plebiscito del 2 ottobre si proclamava  l’annessione della città e del restante territorio pontificio all’Italia. Il governo italiano approva la “Legge delle guarentigie”(3),con cui riconosce una serie di privilegi economici e giuridici in vantaggio del Vaticano. Il 1° novembre, Pio IX dopo aver guidato la controrivoluzione dalla fortezza di Gaeta, come ultimo difensore della tradizione del potere temporale, proclama nel Concilio Vaticano Primo il dogma dell’infallibilità, respinge le guarentigie italiane, scomunica i responsabili dell’invasione, invita i cattolici a non partecipare alla vita politica di questo stato definito ribelle, che il pontefice e la Chiesa non riconoscono. Con i fatti di Porta Pia la questione romana smette di essere uno dei primi problemi nell’agenda politica dello stato unitario, anche se la definitiva riorganizzazione territoriale di ciò che rimane del potere temporale avrà  sistemazione solo nel 1929, con il Concordato voluto da Benito Mussolini.E la fine del potere temporale dei papi e l’inizio della questione italiana che dura decenni e che ha una prima conclusione nel patto Gentiloni e quindi col ritorno di 200 deputati alla Camera nel 1913.La conclusione della rappacificazione iniziata con Cavour termina con i patti lateranensi del 1923  tra Mussolini e il cardinale Gasparri, criticato perchè nell’accordo laterenense era rimasto valido sia il matrimonio religioso, sia il matrimonio civile.(estratto da :La Nazione che non fu).

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Dio non è morto.

Cristo Patiens di Cimabue

Benedetto XVI davanti ai docenti universitari di non più di quaranta anni incontrati all’Escorial, mette in guardia dalle conseguenze devastanti se «utilità e pragmatismo immediato si ergono a criterio principale». In precedenza Joseph Ratzinger si era rivolto a circa 1.600 religiose con meno di 35 anni che lo avevano accolto  sul sagrato della basilica di San Lorenzo. Oggi si corre il «rischio di perdere la propria identità profonda» perché  si vivono  tempi in cui c’è «una sorta di “eclissi di Dio”, una certa amnesia, se non un vero rifiuto del cristianesimo e una negazione del tesoro della fede ricevuta”- «le perdite-ha aggiunto- possono essere drammatiche: dagli abusi di una scienza senza limiti, ben oltre se stessa, fino al totalitarismo politico che si ravviva facilmente quando si elimina qualsiasi riferimento superiore al semplice calcolo di potere»,  Questo è stato il monito del Papa nel suo discorso pronunciato al monastero presso Madrid.Sento la necessità  di una qualche riflessione su questo discorso che, sebbene politicamente corretto, non ha alcuna aderenza con il mondo reale. Non è che voglia dare lezioni al Prof. Ratzinger uomo di vastissima cultura e di grande vis culturale, ma occorre ricordargli, che non è vero che c’è, da parte della vecchia Europa, “un rifiuto del Cristianesimo e un’eclissi di Dio”. Mai come in questo tempo –forse solo il Medioevo- ha conosciuto momenti di proliferazione  di bisogno del divino, lo dice persino la NewAge, nei suoi inesistenti  contenuti sapienziali, lo dice il proliferare di movimenti trasversali di ricerca interiore tutti tesi ad una riscoperta di quel nucleo  che  vuole l’uomo ad immagine e somiglianza di Dio. Mai come in questo momento gli esseri umani sentono il bisogno di ritrovare una sorta di  rigore interno cui fare riferimento, di riordinare  armonicamente la sequenza delle note che creino musica e non cacofonia,mai come adesso  gli uomini e le donne di questo pianeta si fanno domande a  cui , in realtà questa chiesa non ha il diritto di dare risposte, non può darle, perché la Chiesa reale  da duemila anni travisa il messaggio del Nazareno . Da duemila  anni si serve della paura  per immettere nella coscienza dell’uomo forme terrorizzanti e coercizzanti  di ogni genere al fine di conservare un potere forte che ha a che fare  con le strutture più profonde e delicate degli umani. Da duemila anni questa chiesa interviene sulla Scienza , sulla morale, sulle scelte , aumentando il proprio potere secolare nel non rispetto delle differenze.Non dobbiamo dimenticare  di quali crimini orrendi si è macchiata questa chiesa in nome dell’evangelizzazione . Ha distrutto nel nerbo interno intere civiltà, soppresso le istanze culturali  di popoli antichi , fatto guerre, perseguitato filosofi e scienziati, relegato le donne al solo rango di madri ignorando -se non in casi rarissimi come quello di Santa Caterina o Ildegarda di Brigen-tanto per citarne qualcuna- le possibilità sapienziali e e speculative delle donne  che ,o  sono Madri o sono irrimediabilmente streghe da mandare al rogo. Questa chiesa che  benché aborrisca il sangue , da duemila anni, fa guerre ; che, benchè parli di evasione fiscale è la prima privilegiata delle guerentige  dello Stato Unitario Italiano ,(perché per prima questa Chiesa non rinuncia ai propri privilegi?) che benchè dica di avere a cuore le sorti dell’uomo, in realtà ha fatto una spregiudicata operazione di stortura nell’anima dell’uomo   impartendo non solo attraverso strumenti psicologici ma anche attraverso le immagini sacre una lezione mite quanto devastante: basta osservare  le immagini lignee del Cristo  che , nei primi secoli viene rappresentato gloriosamente   a capo dritto sulla propria croce, glorioso perché ha ,in vita superato la morte ,  per trasformarlo in un Cristo a capo chino, patiens  icona di una rassegnazione che nei secoli ha immesso una forma negativa e misera che ha compromesso l’idea che l’Uomo ha di se stesso, creando un complesso di indegnità che ha fatto danni immensi alla natura umana. Questo Clero da duemila anni, vuole ignorare la connessione dell’Uomo con l’Universo , riducendo il contatto col divino a mere formule , suffragate dal terrore dell’inferno e sorrette da un senso di umiliazione che è indegno dell’Uomo. Nei paesi in cui la diffusione del cristianesimo è avvenuta a seguito di guerre di conquista o di azione missionaria troviamo, sul piano iconografico, elementi  di  crudezza delle statue di Gesù crocefisso o del suo corpo morto calato dalla croce, che si trovano in tutte le chiese messicane: “Il messicano- per esempio  venera il Cristo sanguinante e umiliato, colpito dai soldati, condannato dai giudici, perché vede in lui l’immagine trasfigurata del proprio destino. La stessa cosa lo spinge a riconoscersi in Cuauhtémoc, il giovane imperatore azteco detronizzato, torturato e assassinato da Cortès” (da “II labirinto della solitudine”).Non c’è un’eclissi di Dio e un rifiuto del Cristianesimo , o meglio, il rifiuto del Cristianesimo deriva dal comportamento della rappresentanza del Cristo in Terra che in duemila anni, si è macchiata fino ai giorni nostri, di crimini orrendi contro l’Umanità. Ci troviamo davanti ad un imperante Cesaro-Papismo, che ha coperto negli ultimi vent’anni , il proprio cancro interno come la pederastia .Non si possono prendere lezioni da una chiesa che ha imprigionato Galileo, mandato al rogo Giordano Bruno torturato Tommaso Campanella , bruciato la stessa Giovanna D’Arco, assassinato Ipazia di Alessandria per mano dei Parabolani, né più né meno che squadristi religiosi ,che ha fatto Santi  gli assassini e perseguitato i Santi veri.Una Chiesa e un Clero che hanno sterminato i Catari, gli Albigesi I  Templari , gli Ugonotti,una chiesa che si è servita di qualsiasi situazione per accrescere il proprio potere secolare. La distanza che le ultime generazioni hanno preso  è da attribuirsi alla Chiesa come potere  e non al Cristo che , se non in casi rarissimi nella Chiesa cattolica Apostolica Romana non c’entra nulla , niente è più lontano da Cristo che la Chiesa, luogo tangibile e forma intangibile  su cui è stato costruito un potere manipolante che non  ha dato alle genti la possibilità di una reale evoluzione interiore. Ora questa chiesa non si lamenti,e non dia ad altri colpe e responsabilità che sono tutte proprie . Faccia una seria autocritica. Non basta che chieda scusa, serve che faccia azioni  reali.Faccia  atti  che siano come tuono  dirompente , esca fuori tutto e si metta in discussione dentrola Verità, perchè la Verità è la sola  cosa che “rende liberi”.Altrimenti come tutti i  i poteri (patrimonio de ll’Oscuro)  come “Babiloni ala Grande” cadrà. E se pensa di essere la depositaria del Messaggio del Cristo non ha altra scelta che decostruire quanto ha costruito in duemila anni di potere assoluto.Se non lo fa, significa che ha imbrogliato quasi tutti per venti secoli.

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Domani ,alza la testa riprenditi la dignità e il futuro e vota 4 SI.

Votando SI: si dice NO ai profitti sull’acqua

Votando SI: si dice NO alla privatizzazione dell’acqua

Votando SI:si dice  No alla costruzione di centrali nucleari.

Votando SI: si dice NO al ritorno del nucleare in Italia

Domattina i cittadini di questo Stato Unitario, devono andare a votare, non soltanto perché  è un diritto dovere da  esercitare, ma perchè si tratta di quattro quesiti referendari che condizioneranno le scelte future  che qualsiasi forza politica non potrà ignorare. La “parola referendum riprende il gerundio latino del verbo refero, “riferisco” (nella frase ad referendum, “[chieder dei documenti, ecc.] per riferire”), e indica comunemente lo strumento attraverso cui il corpo elettorale viene consultato direttamente su temi specifici; esso è uno strumento di democrazia diretta, consente cioè agli elettori di fornire – senza intermediari – il proprio parere, o la propria decisione, su un tema oggetto di discussione”.Le parti politiche dovrebbero astenersi da qualsivoglia opinione , consiglio, comizio  che voglia convincere i cittadini di stare dall’una o dall’altra parte.Esso è un diritto di garanzia che i cittadini devono esercitare. L’obiezione che molti politici ,in malafede  affermano, è che esso sia una contraddizione, dato che in una democrazia , una parte politica eletta legifera con l’autorizzazione del Popolo Sovrano. Intanto chiariamo per sempre una cosa, il Popolo  è sovrano solo sulla Carta Costituzionale, non è più Sovrano quando il voto è come dal dopoguerra a oggi strumento di pressione e di gestione dei bisogni.De facto Il Referendum diviene il solo strumento che il popolo abbia per fare sentire la propria voce. Stamattina dal sito ufficiale del Presidente del Consiglio, che badate bene,  sebbene non lo abbia votato in alcuna consultazione, non solo non mi è antipatico ,ma trovo che alcune battaglie che ha portato avanti le condivido pure:l’uso politico della Giustizia è un problema vero, e non è una questione di destra o di sinistra  anzi dobbiamo dircelo chiaro che questa sinistra ,ormai defunta e imbalsamata, incapace di creare fermenti, che ha congelato le intelligenze, per favorire sistemi da Soviet, che ha scelto i propri rappresentanti come nella migliore tradizione del Politburo, ovvero per anzianità come nello stile delle dittature, incapace di esprimere cultura, che ha iniziato ad affossare la scuola nel 1968 con riforme sempre una peggio dell’altra e questa classe politica degli ultimi 20 anni ha finito per distruggerla, ha avuto un ruolo pesante nei fatti che hanno consentito che  un Ordine dello Stato si trasformasse  in uno Strapotere dello Stato, con le conseguenze che conosciamo. Ma, torniamo al sito ufficiale del Presidente del Consiglio dove leggo:”in questi giorni Berlusconi ha detto con chiarezza che considera i referendum inutili ma da rispettare nel loro esito, che non influirà sull’azione di governo. Ieri ha poi detto con chiarezza che lui non andrà a votare.(bhe che non vada a votare è grave)Leggo di seguito che :”Per quanto riguarda i due referendum sull’acqua va ribadito che l’acqua non è privatizzata, la legge dice che rimane un bene pubblico che tutti questi referendum sono nati solo per attaccare il governo. In modo evidente i primi due in modo più sbudolo quelli sull’acqua, che confermano le contraddizioni e la tradizione della sinistra italiana: ogni posizione è strumentale e può essere disinvoltamente modificata a seconda delle contingenze politiche. Infatti sulla concessione anche a privati dei servizi di distribuzione dell’acqua il disegno di legge “di riordino dei servizi pubblici locali”, tra i quali l’acqua potabile, fu presentato proprio dal governo dell’Unione il 7 luglio 2006, nei primi mesi della scorsa legislatura, a firma: Romano Prodi, Linda Lanzillotta, Pier Luigi Bersani, Giuliano Amato, Antonio Di Pietro, Emma Bonino. (Sono tutti d’accordo dunque non illudiamoci)
In diversi video disponibili on line Bersani fino a poco tempo fa si opponeva ai referendum comunali sulla gestione dell’acqua ai privati dicendo l’esatto contrario di quanto sostiene ora. Un esempio: parlando a Carpi il 18 settembre del 2008, Bersani disse testualmente:… “Poi subentra il tema della gestione. Come faccio a fare in modo che si perda meno acqua, che si depuri bene, che si facciano investimenti sensati? Devo chiamare uno che è capace di fare quel mestiere lì!”. Per l’appunto ciò che prevede la legge Ronchi contro la quale il Pd si è decisamente schierato nella battaglia referendaria. I due quesiti referendari chiedono di eliminare altrettanti articoli della legge Ronchi che disciplina le gare e gli utili d’impresa in caso di apertura ai privati adeguandosi alle norme europee”.

Hanno omesso di dire che quella che loro chiamano gestione , di fatto , è una cessione gestionale che non consentirà più ai Comuni di avere il controllo del prezzo dell’acqua , non consentirà ai Comuni di intervenire sul bilancio dei gestori né sul Consiglio di amministrazione che arbitrariamente potrà ritenere che ,per esempio, che la Rete Idrica siciliana debba essere ricostruita e ciò graverà sul prezzo e quindi sui cittadini , tutti:dell’acqua non si può fare a meno.

Dovrete pensarci due volte ad avere una terrazza con le piante, tre per fare due lavatrici in più se ne avete bisogno,la privatizzazione dei servizi di gestione dell’acqua creerà una nuovo stile di vita che ha finalità oscure :impadronirsi dell’ultimo Elemento necessario alla sopravvivenza.L’energia (il Fuoco) lo hanno compratocon il sangue delle guerre, la Terra l’hanno inquinata, l’Aria l’hanno ammorbata col nucleare e con tutte le  cose inutili che si sono inventati in nome di un progresso che ha portato l’uomo ad una condizione diversamente arretrata  dall’uomo di  Neandheltal, nella scala evolutiva l’uomo di oggi  discenderebbe dalle scimmie e  l’uomo di domani discenderà dai schiavi semirobotizzati che mangeranno gallette fatte con non si sa cosa.Privatizzare la gestione dell’acqua significa che questi signori si alzeranno una mattina e stabiliranno che non si può raccogliere l’acqua piovana ,come è accaduto in Bolivia, accadrà che quelli che non possono permetterselo non potranno nemmeno avere una pianta, mentre i sempre più ricchi avranno Orti e giardini, Mettiamoci in testa che la privatizzazione della gestione dell’acqua è un ulteriore passo verso la schiavitù,imprimete bene nella mente questo concetto.Non siate miopi, guardate oltre l’oggi, abbiamo il dovere di consegnare ai nostri figli il futuro e Nucleare ed  Acqua sono due fonti primarie che determineranno la rovina o la rinascita dell’umanità .Hanno speso miliardi di miliardi di dollari per fare le guerre per il petrolio e non hanno investito su Energie alternative, investono migliaia di miliardi di dollari per andare a vagabondare per i pianeti e l’Africa muore di sete e sapete perchè? perchè L’africa è l’ultima cassoforte di questo pianeta e mantenere gli africani sotto la soglia della povertà e nella loro dimensione (rispettabilissima ) tribale è per decimarli ,come è accaduto , perchè i paesi più sviluppati potessero impadronirsi delle risorse  africane dove c’è tutto per vivere per altri diecimila anni.E’ un falso problema quello di dire che siamo circondati dal nucleare, , dovremmo rispondere :”non ci interessa” il problema vero del nucleare è ancora una volta la gestione delle centrali, guardiamo al Giappone uno dei paesi più civili del mondo , anche lì gli insostenibili costi gestionali hanno fatto più danni del dovuto,perchè il costo della gestione del nucleare  sicuro è altissimo ,pertanto non è energia a basso costo è ,al contrario,ad altissimo costo in termini di gestionali,per non parlare dello smaltimento delle scorie. . Attualmente non esistono soluzioni valide. Dalla “vetrificazione” ai depositi definitivi, nulla sembra funzionare. Pensate che negli Stati Uniti è dal 1978 che si sta studiando un deposito definitivo per le scorie radioattive a più alta intensità nel sito di Yucca Mountain, nel deserto del Nevada. I suoi costi di costruzione supereranno i 54 miliardi di dollari e non è affatto certo che entrerà mai in funzione.
Domani lasciamo da parte l’elettoralismo (questa non è politica) e concentriamoci e insistiamo  con forza e se non abbiamo la cartella elettorale, andiamo al Comune e prendiamola e votiamo dimostriamo che non siamo un popolo di pecore ma un popolo che sa pensare al futuro dei propri figli e dei propri nipoti:Votiamo 4 SI,perchè tutti i cittadini sono uguali davanti alla Legge , anche le Alte Cariche dello Stato, e lo direi in ogni caso e non perchè la proposta è di questo Governo. 4SI sono la maniera di alzare la testa e dimostrare responsabilità, dignità e coscienza che siamo uomini e non servi.

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